Inaugurazione della mostra The promise of a story venerdì 18 Ottobre alle ore 17:00 presso la splendida sede della Biblioteca Civica Gerini di Fivizzano all’interno del Convento degli Agostiniani.
Disegni e acquerelli di Moira Tuckett in mostra fino al 3 Novembre 2019.
L’orario di apertura della Biblioteca: al mattino dal lunedì al venerdì 09.00 – 12.00 e al pomeriggio dal lunedì al giovedì 14.30 – 17.30.
La semplicità degli acquerelli di Moira Tuckett è anche la sua ricchezza, versatilità e immediatezza.
In seguito a diverse mostre sul territorio nazionale, approda a Fivizzano l’artista, pittrice e insegnante di pittura irlandese Moira Tuckett, che ha scelto di vivere nel borgo di Montemarcello Magra.
“Delicatezza e Virtù“, con queste due parole la definisce la storica dell’arte Angelica Polverini, che così continua “E’ una tradizione secolare quella che porta spiriti ricchi di nordica sensibilità a giungere qui, nelle nostre terre, per respirare la nostra luce, immortalare le rocce, il mare, il maestrale. Poeti, artisti, scrittori e chiunque fosse in grado di ricordare mediante la propria arte la bellezza della Liguria, ha sostato nel nostro Golfo, dove i tramonti e il fascino dei luoghi hanno agito come un fluido magico, come un canto di sirene, vincendo qualsiasi resistenza ad andare, abbandonandosi alla volontà di una piacevole costrizione, nella lode di un luogo che ammalia.”
“Questa è anche la storia di Moira. […] Non siamo più nell’epoca dei Grand Tour e nemmeno agli albori di quegli anni in cui fu creato il concetto moderno di turismo, sempre qui, nella nostra Liguria della Belle Epoque. Eppure è piacevolmente anacronistico passeggiare per i sentieri attorno al borgo e osservare Moira con il suo cavalletto, il cappello di paglia a larghe tese e la sua tavolozza così piena di idee e osservazioni non usuali.
Sulla punta del suo pennello convivono delicatezza e profondità, due concetti a tratti dissonanti, ma amalgamati in un talento raro e antico.
Difficile non ricordare le spighe e le ariose atmosfere di van Ruisdael negli acquarelli dell’artista, dove in entrambe i casi è possibile percepire l’intangibile: le brezze, l’umidità, la morbidezza della seta, le correnti marine. Ed è in queste interpretazioni che si comprende quella perfetta aderenza e sintonia con il luogo rappresentato, come se l’anima dell’artista si andasse ad insinuare nel genius loci, traducendo in colori e forme gli elementi costitutivi del paesaggio.
Ciò è particolarmente visibile nelle diversità di composizione di diversi luoghi visitati dall’artista, differenti in tutto tranne che per la loro vicinanza al mare.
Nelle verdi distese irlandesi (The view at Ardmalin) osserviamo l’oceano e l’ampio cielo, in una predominanza di acqua, aria ed erba che lasciano spazio all’uomo solamente nei rari cottages incastonati nel verde come pietre preziose, ancorati alla costa per non essere portati via dall’incessante vento. Qualche macchia di vegetazione più chiara e un senso di bellezza sfuggente, come se i nostri occhi non potessero mai essere in grado di possedere la completa ampiezza dell’orizzonte.
Negli scorci calabresi percepiamo quell’asciuttezza tersa e grandiosa delle coste del Sud, quel sole perpendicolare e prepotente, che non permette ad alcuno di passeggiare tra le vie di Brattirò, unica testimonianza di vita, una persiana aperta. Unici attori, ancora una volta il sole e il vento.
Gli ampi spazi calabresi e irlandesi sono davvero distinti dal luogo scelto dall’artista come congeniale alla sua opera. Montemarcello e le sue vedute, offrono una diversità di particolari che vanno dagli agresti spunti dati dalla vegetazione: le impalpabili composizioni di papaveri, i turriti e turgidi asparagi o le colorate bacche boschive, ai colorati e geometrici 4 angoli dei carrugi.
L’arcipelago del Golfo dei Poeti, le pure rocce apuane e la placidità del corso del Magra costituiscono quella poliedricità che solo una terra come questa può offrire. Qui si interrompe una regione e ne inizia un’altra, si chiude una fascia geologica per lasciare spazio alla pianura del Magra e dall’altezza del promontorio del Caprione la vista domina su tutto, permettendo una scelta davvero varia di particolari da rappresentare.
In pieno spirito irlandese, Moira sa comunicare quel senso di placida comunità agreste e smorzare lo shock sensoriale dato dalle nostre cromie nella sua delicatezza coloristica.
La luce è cristallina, il bosco sempreverde e la distesa d’acqua d’un blu profondo, e quindi le rappresentazioni si rimpiccioliscono, si concentrano su piccoli formati, quasi in aiuto di quel senso di smarrimento che coglie il visitatore impreparato. Una cosa alla volta sembra suggerire Moira, che con umile profondità indica volta per volta, caratteri non apprezzati, particolari spesso trascurati, una spiga, una conchiglia.
Le abitazioni coloratissime, non lasciano posa all’occhio, così affastellate l’una sull’altra, ma ordite in una trama precisa, nella costruzione di quel tondeggiante borgo, accoccolato su una cima privilegiata, battuto anch’esso dal vento come la sua terra d’origine.
Le profonde riflessioni di Moira si ritrovano anche nelle sperimentali Coloured words, le acquosità della sua tecnica sono affiancate da un’insiemistica di concetti da lei associati al blu al giallo. Una sinestetica rievocazione della quotidianità unita nell’appartenenza al solito colore, trattato come protagonista unico e solo. Anche nel gruppo In the cottage (the scottish blanket, socks) gli elementi della quotidianità come i calzini, o una coperta sono rappresentati con una morbidezza e una gentile sensualità.
Caricati di una personale appartenenza, come avessero un marchio, un’iniziale stampigliata sul fianco, evocano un calore da interno, laddove la propria protezione epidermica è affidata alle morbide linee.
Intensa e davvero unica è invece The New York dancer. Qui è bene ricordare, solo per sottolinearne la difficoltà, quanto la tecnica dell’acquarello sia precisa e abbisogni di mano scevra di esitazioni e poca dimestichezza, l’acquarello non permette errori.
La ballerina colta nell’attimo di estrema fatica, evoca nella sua posa la rigidità del suo mondo fatto di regole, della schematicità della sua leggerezza, che ha il suo culmine nel fulcro di tutta la sua costruzione: il piede a terra piegato.
Quel punto nodale di artefatta leggerezza, si lega agli altri punti di geometrica precisione, il ginocchio piegato, il gomito sinistro, dove anche i fasci muscolari e i punti di luce creano quell’ariosa tensione di struttura architettonica.
La tecnica dell’acquarello in tale opera può solo sottolineare la maestria e la grande competenza dell’artista, che raccoglie sotto un’unica firma le difficoltà delle interpretazioni paesaggistiche a quelle ancor più impegnative dell’umana figura.”
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